Ecco cosa scrive Aldo Grasso per il "Corriere della sera"
Cayo Cochinos, Honduras. Mica Bergeggi. L'aspetto più interessante de L'isola dei famosi e dei non famosi è che Simona Ventura ormai è qualcosa di più e qualcosa di meno di una presentatrice.
Ormai è la donna immagine di Raidue, l'alter ego di Antonio Marano, ma soprattutto è una sorta di agenzia umana di lavoro interinale. Con tre trasmissioni a disposizione sistema tutti: il figlio dei Pooh e Morgan, ex famosi e sfigati storici, Mara Venier e Luca Giurato, parenti dei concorrenti e parenti serpenti; ripesca Massimo Caputi per la domenica e un bidello che ha studiato con Umberto Eco per il lunedì; convince Michi Gioia a uscire dai suoi divani & salotti e Antonio Cabrini dalla leggenda (che subito si abbandona a un patetico sfogo contro la Casta che domina il calcio). Per Vladimir Luxuria crediamo non abbia avuto difficoltà.
Questo è il più. Il meno è che la Ventura, malauguratamente, ha perso l'antica autoironia che le riconoscevamo, si veste e agisce come una Vanna Marchi rivisitata da Briatore, è diventata una cinicona, condizione indispensabile per trattare i concorrenti come dipendenti e fare della sociologia con i poveri cristi in cerca di fama. La prima puntata di un reality è sempre una licitazione, la presentazione dei personaggi e delle possibili strategie.
È anche il momento più delicato, perché il successo del genere dipende esclusivamente dalla scelta dei concorrenti: le alleanze, l'esaltazione dei caratteri, la passionalità, l'identificazione nascono dall'assortimento. La trasmissione inizia con Giucas Casella che se la fa sotto, letteralmente, e la cosa potrebbe essere interpretata come un buon auspicio, secondo l'aurea regola del chi la fa l'aspetti. Sollecitato da Mara, Giucas promette: «Io non mollo». Meno male. Sollecitati da Mara, partono anche facili doppi sensi sulle banane amate da un concorrente. Per le confessioni, non c'è più la cueva, ma la selva oscura. Più Zona Bikini che Dante. Più Raidue che Rai.
[Via RealityShow]
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